NEWS

STUDIO LEGALE AVVOCATO LUCIA LISTA

Avvocato in Diritto di Famiglia e
Diritto Penale Familiare

26 set, 2023
‘Se la vita di una famiglia potesse essere paragonata ad un quieto ruscello, dovremmo dire che la separazione è un grosso gorgo che turbina violentemente nel suo centro’ (Jonhson) La famiglia è una struttura sociale che implica, nella condivisione della vita quotidiana, una commistione inscindibile di aspetti economici, giuridici, politici, morali, religiosi, psicologici e sociali. Negli ultimi secoli (1800-2000) si diffonde l’idea secondo cui la famiglia non è solo un’istituzione sociale e legale, e la sua vita inizia ad identificarsi soprattutto con la rete di relazioni sentimentali esistenti al suo interno. Il ‘vulnus’ della famiglia in crisi, si identifica nella rete di relazioni e si manifesta in modo graduale ma veloce come cellula autonoma e peculiare sulla quale la società si basa, pur rimanendone distinta. Se la famiglia era, in primo luogo, un’entità sociale e politica organizzata in modo rigidamente gerarchico, regolata e strettamente vincolata da leggi, consuetudini, considerazioni di convenienza economica, nella nostra Costituzione e, quindi, sin dal 1947, emerge un nuovo concetto di famiglia, intesa come una struttura fondata sul consenso, quale regola dei rapporti familiari e sul principio dell’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Molti problemi che le famiglie vivono oggi, nascono proprio da questi nuovi fondamenti eticogiuridici ma, ancor più, dall’evoluzione che il concetto di famiglia ha avuto tra il codice del 1942, ove veniva esplicitato che il marito ne era il capo, e la legge del 1975 la quale sancisce che:< nel matrimonio, il marito e la moglie acquisiscono gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri> (art.143 cc) L’accento posto sull’uguaglianza dei coniugi, senza alcun dubbio forte di degno apprezzamento, è stato prodromico alla nascita di problemi complessi anche sotto il profilo organizzativo. Come è possibile mediare e sbloccare eventuali situazioni di stallo fra due soggetti che detengono lo stesso potere? L’istituzione familiare, di conseguenza, si delinea come una struttura contraddittoria e paradossale che, in termini sistemici, si può definire di < doppio legame>. La famiglia è ancora, nell’immaginario collettivo e popolare, il luogo ove ciascuno dovrebbe essere accettato per quello che è e rappresentare il porto sicuro in cui approdare, in un’atmosfera di affetti gratuiti. 2 La notevole attenzione posta oggi al dato sentimentale eleva, fortemente, il livello di aspettative reciproche e il conseguente rischio che vengano disattese. L’esigenza della soddisfazione reciproca dovuta e voluta diventa un punto centrale e irrinunciabile che conduce i coniugi, nel frattempo divenuti anche genitori, a competere e confrontarsi con un’immagine idealizzata, spesso in contrasto con la realtà deludente, frustrante, insoddisfacente. Tanto più forti erano state le aspettative, tanto più intensa si avverte la sensazione di essere stati traditi e ingannati, quando il rapporto si indebolisce e volge al termine. I coniugi, però, pur nella sofferenza reciproca del conflitto, non hanno facilità a modificare aspetti della propria personalità e, spinti anche dai reciproci vissuti personali, continuano a perseguire nella propria concezione di matrimonio e a rincorrere il proprio modello genitoriale; non mostrandosi disponibili al compromesso, annullano ogni possibilità di giungere ad una condivisione di vita e di interessi. Se i genitori credono, sebbene in modo confuso e non pienamente avvertito, in due modelli di famiglia diversi, ciò rende estremamente difficile non solo il rapporto di coppia ma anche quello con i figli, destinati a caricarsi di una comunicazione fallace ed inefficace. Oggi la famiglia e in primis, la coppia, entra in crisi non solo per la difficoltà a delineare la propria identità come struttura, ma anche per i ruoli sempre nuovi e mutevoli assunti dai singoli membri. L’evoluzione della figura femminile ha messo in crisi e sbilanciato quella maschile, ha indotto ad una maggiore instabilità della coppia e introdotto motivi ed elementi che espongono il nucleo familiare al rischio di una più elevata conflittualità. Nel conflitto, qualcosa di essenziale è stato toccato: la sofferenza dei coniugi dovrebbe essere solo un momento di passaggio verso una scelta di riconciliazione o di separazione, invece spesso non è cosi: si preferisce rimanere inconsapevolmente legati ad uno stato di disaccordo e di sofferenza continui, pur di aggrapparsi all’unica identità che, ancora, si riconosce della relazione perduta. La mediazione familiare può essere molto utile ai coniugi in questa fase, in quanto può aiutarli ad uscire dal passato per ritrovare il presente, ad abbandonare i fantasmi che ognuno dei due si è costruito sull’altro per capirne la rispettiva realtà, per renderli più consapevoli del legame tra loro intercorso. I coniugi in conflitto, sono spesso genitori impotenti, prigionieri del caos che essi stessi hanno creato e rischiano di dar vita a relazioni poco funzionali, in quanto scarsamente centrate sui figli. Il ciclo infernale della sofferenza coinvolge l’intera famiglia ove, ognuno si sente perseguitato, nessuno persecutore e i figli ne sono le vittime. La conflittualità genera dolore e disperazione e, questi sentimenti inespressi, si manifestano frequentemente attraverso la violenza. La prima forma di violenza, la più subdola, per le sue conseguenze largamente sottovalutate e misconosciute è quella verbale, la cui insidiosa struttura si rinviene nell’assillo quotidiano esercitato da uno dei partner attraverso atteggiamenti, parole o silenzi. È una forma di comportamento spesso inconscia che si manifesta anche attraverso la non assunzione di responsabilità nei riguardi dei figli, un’eccessiva autostima in grado di annientare la personalità del coniuge più debole, l’uso sistematico dell’ironia che, spesso, sottende insinuazioni gratuite e ingiustificate di fronte alle quali l’altro si sente aggredito. Questa situazione segna il passaggio del rapporto coniugale, dalla fisiologia alla patologia, non sempre riconosciuta da chi la vive e, quindi, pericolosa per il potenziale instaurarsi di un vero e proprio < terrorismo domestico>, spesso fonte di sopravvivenza alla quotidianità. La relazione di coppia, a qualsiasi età è il terreno ideale sul quale può radicarsi il dramma dell’amore e dell’odio, alimentando la violenza che, purtroppo, in alcuni casi si trasforma da verbale in fisica. Se le parole rimangono inascoltate, la violenza fisica diviene l’unica forma di espressione e di comunicazione quotidiana. La violenza, anche se rimossa finisce sempre con l’esprimersi: quanto più si cerca di controllarla, tanto più la si alimenta; è contagiosa, si autorigenera perché si nutre di sé stessa. In ogni tipo di violenza c’è sempre un perdente: nella coppia sono i coniugi, nella famiglia lo sono anche i figli. Il conflitto radicato nella violenza, non diventa espressione di crescita, le sue potenzialità di trasformazione rimangono bloccate nel disordine alterando l’equilibrio dei soggetti, fino a sfociare in veri e propri traumi Vivere nella violenza significa minare la sicurezza della coppia e dei figli creando in loro insicurezza e bisogno continuo di manifestazioni di affetto e rassicurazioni. Crescere in un contesto di significa precludere lo sviluppo di un processo di riconoscimento delle specificità dei figli, dei loro particolari bisogni, della loro soggettività. Come interviene la normativa nel conflitto familiare? La Costituzione Italiana all’art.29 definisce la famiglia come “una società fondata sul matrimonio” ma a distanza di molti anni dall’elaborazione del dettato Costituzionale, questa definizione appare estremamente riduttiva. La struttura familiare, oggi, va ben oltre l’identificazione del nucleo rappresentato dalla coppia genitoriale, legata dal rapporto coniugale e dai figli; la famiglia attuale può essere una famiglia allargata, con un unico genitore e può essersi costituita con modalità che prescindono dal matrimonio ed implementano nuovi sistemi di relazioni e nuove figure parentali. L’ambito in cui maggiormente si svolge il contenzioso familiare è quello dell’interruzione del rapporto coniugale che nel nostro Paese avviene attraverso le procedure di separazione e divorzio oppure attraverso il ricorso al Tribunale per stabilire le condizioni di affidamento e collocamento dei figli minori nati da genitori non coniugati. Se il conflitto familiare, attraverso l’opera dei legali e dei mediatori familiari trova una sua composizione, la separazione avverrà tramite un accordo tra le parti (separazione consensuale); diversamente la procedura sarà giudiziale poiché il conflitto sfocerà in un vero e proprio contenzioso. Il procedimento contenzioso ha in genere ad oggetto varie questioni economiche tra cui soprattutto la determinazione dell’assegno di mantenimento per i figli e/o per il coniuge, la casa coniugale, l’affidamento e il collocamento dei minori. Nel 2006 con la legge n.54 il legislatore ha modificato l’art.155 c. c introducendo la legge sull’affidamento condiviso e stabilendo che lo stesso diventi il regime ordinario ; con questa legge che segue all’affermazione del principio di Bi -genitorialità, si sancisce che il minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori dai quali ricevere cura, educazione e istruzione e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Viene quindi superato il concetto di affido esclusivo che, nel 90% dei casi vedeva la mamma genitore affidatario, e si stabilisce che le decisioni di maggiore interesse per i figli relativi all’istruzione, educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tra i genitori, tenendo in considerazione le capacità, le inclinazioni naturali e le aspirazioni degli stessi. L’affidamento e il collocamento sono due istituti giuridicamente diversi e sui quali spesso si fa confusione: il primo attiene alle scelte inerenti la vita dei figli, il secondo riguarda dove i bambini fisicamente risiederanno e per quanto tempo. In caso di disaccordo tra i coniugi sulle condizioni della separazione o del divorzio, il giudice valuterà la situazione e stabilirà se sia possibile, nell’interesse del minore, pronunciarsi in favore di un affido condiviso; sempre a garanzia del principio di bigenitorialità e, nell’interesse del minore, il giudice adito verificherà poi, se vi siano i presupposti per stabilire un collocamento paritario tra i genitori (ossia con una divisione dei tempi equamente distribuita) o sia preferibile, invece, collocare il minore prevalentemente presso uno di essi. Il contenzioso familiare sempre più frequentemente si verifica anche in quelle forme familiari in cui i genitori non sono legati dal rapporto coniugale: ciò accade nelle cd convivenze more uxorio, ma anche nel recente fenomeno delle coppie cd “liquide”. Le vicende che riguardano queste famiglie sono pressochè le stesse di quelle con genitori coniugati ed in caso di interruzione del rapporto di coppia i temi al centro della controversia risultano i medesimi delle coppie sposate; anche ad esse viene applicata la normativa sull’affidamento condiviso. Un ulteriore profilo entro il quale possiamo individuare il contenzioso familiare è quello che scaturisce tra i componenti della famiglia per questioni non legate alle vicende che riguardano il rapporto di coppia o che derivano da questo solo indirettamente (si pensi ad ex alla materia delle successioni, al riconoscimento del figlio nato fuor dal matrimonio, al rapporto dei nipoti con gli ascendenti ecc.) Un aspetto fino a qualche anno fa sconosciuto al contenzioso in ambito familiare era quello della rivendicazione dei nonni, a seguito della separazione dei genitori, dei loro nipotini; per tutelare l’importanza di questi rapporti il legislatore è intervenuto stabilendo che il minore ha diritto di “ conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. La norma sancisce il DIRITTO del bambino al mantenimento della continuità relazionale con le altre figure parentali, al quale corrisponde la possibilità per gli ascendenti di promuovere un’autonoma azione nel caso sia loro impedito avere rapporti con i nipoti minorenni; la possibilità anche per figure diverse dai genitori di rivolgersi al Tribunale, amplia e complica il contenzioso familiare. Altro aspetto fondamentale, riguarda il mantenimento dell’ex coniuge e/o dei figli: la questione è frequentemente frutto di violenti litigi fra le parti e al giudice si rimettere il compito di determinare il quantum dell’assegno, ogni qual volta le parti, da sole, non riescano a trovare un accordo soddisfacente. In realtà, anche nel caso di separazione consensuale per espressa previsione codicistica, il Tribunale ha sempre la facoltà, in sede di omologazione dell’accordo negoziato, di rifiutare condizioni che si traducano nella cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli o del coniuge che necessita di mezzi di sussistenza, condizione che non può essere omologata, tanto più perché appare nettamente in contrasto con norme imperative di rango costituzionale. In sostanza, essendo un diritto del figlio quello di essere mantenuto, una clausola siffatta si tradurrebbe in un provvedimento contrario all’interesse del minore; differente potrebbe essere, caso per caso, la sorte di clausole che, adeguatamente motivate, deroghino, in materia di contributo al mantenimento dei figli, ai criteri dettati dall’art.155 comma 4° e seguenti, purchè quel diritto irrinunciabile non venga definitivamente compromesso. Va sottolineato quanto sia importante per entrambi i genitori comprendere il significato del principio di bigenitorialità anche sotto il profilo dell’obbligo al mantenimento: infatti,come si è già detto all’inizio, il rapporto genitoriale è un insieme di diritti, obblighi, facoltà, facenti capo, rispettivamente ,ad entrambi i genitori, e quindi per ciascuno in un rapporto biunivoco con i figli, in una struttura triangolare che non è suscettibile di eccezioni e non è altrimenti negoziabile, se non nelle modalità concrete nelle quali dovrà esplicarsi, nel tempo, questa serie di rapporti, facenti capo all’istituto della responsabilità genitoriale. Il procedimento giurisdizionale, nonostante le varie modifiche apportate non è un mezzo adeguato alla risoluzione delle controversie familiari: favorisce l’atteggiamento competitivo poiché risponde alla logica del vincitore e del vinto, prevede tempi lunghi ed è caratterizzato da formalismi che non garantiscono una risposta immediata e soddisfacente agli interessi/ bisogni delle parti coinvolte; per salvaguardare i legami familiari non è sufficiente uno strumento che si limiti a definire il conflitto solo su un piano formale, servono invece, risorse che risolvano le problematiche di cui il conflitto si nutre sul piano sostanziale e la mediazione familiare rappresenta sicuramente lo strumento di elezione. La rifora Cartabia modifica in modo significativo i procedimenti relativi alle famiglie e ai minori: introduce nuovi criteri di riparto di competenze tra Tribunale Ordinario e Tribunale per i minorenni, implementa il rito unico applicabile a tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minori e alle famiglie e prevede che entro il 31 dicembre del 2024 sia istituito il Tribunale Unico per la famiglia con relativa soppressione del Tribunale per i minorenni, articolato in una sezione distrettuale e in una o più sezioni circondariali. Una delle novità maggiormente qualificanti della riforma è quella di realizzare un modello di giustizia proiettato a superare la “logica dell’avversario” tipica del processo, per favorire invece una modalità compositiva del conflitto anche in quegli ambiti in cui fino ad oggi ciò era precluso; la riforma Cartabia in tal senso ha incentivato l’utilizzo della mediazione familiare e della negoziazione assistita conferendo dignità specifica a strumenti complementari ed integrativi alla risoluzione delle controversie familiari.
26 set, 2023
Le continue dispute tra i coniugi oltre a sfociare nel contenzioso civile, possono integrare gli estremi di diversi reati dando vita a due processi distinti: civile e penale che, pur incentrandosi sulla violazione delle regole che governano la famiglia e la persona, seguono percorsi paralleli e possono avere esiti diversi. I reati commessi contro la famiglia sono, da sempre, oggetto di grande attenzione da parte del legislatore, a testimonianza della frequenza con la quale gli stessi si verificano nella realtà quotidiana; nel periodo dell’emergenza sanitaria, la convivenza “forzata” che ha costretto numerose famiglie a vivere sotto lo stesso tetto, ha fatto registrare un’impennata di denunce per possibili reati riconducibili sotto la fattispecie dei maltrattamenti in famiglia. I reati contro la famiglia non sono contenuti in unico gruppo normativo, in quanto il nostro codice penale opera una distinzione degli stessi a seconda del bene giuridico leso e la parte speciale del diritto penale prevede apposite distinzioni in ordine ai reati contro la persona, contro la libertà morale, contro la vita e l’incolumità individuale ecc. Nel 2019 è stata introdotta la legge n. 69, nota come “Codice Rosso” essa contiene delle modifiche di natura penale alla gestione di casi di violenza domestica e di genere ed è appunto finalizzata ad aiutare e rafforzare la tutela di chi subisce maltrattamenti, lesioni, violenze all’interno della famiglia. Il “codice Rosso” deve il suo nome proprio alla misura che prevede l’introduzione di un iter più veloce per le denunce e le indagini riguardanti casi di violenza contro le donne o minori, come avviene nei pronto soccorso per i pazienti che necessitano di un intervento immediato. Una delle più importanti disposizioni della norma prevede l’accelerazione del provvedimento penale per alcuni reati tra i quali: i maltrattamenti in famiglia, la violenza sessuale, lo stalking. L’ efficientamento processuale che si prefigge di attuare la legge, è finalizzato all’adozione tempestiva dei provvedimenti di tutela delle vittime, in modo da prevenire il degenerare di situazioni di denuncia in casi drammatici. Dal punto di vista delle sanzioni, il codice rosso inasprisce le pene già previste e, soprattutto, allunga l’orizzonte temporale, entro il quale la persona offesa può sporgere denuncia-querela :da sei a 12 mesi per i reati di violenza sessuale, riconoscendo il diritto della vittima di elaborare il trauma in un tempo più consono. Con l’entrata in vigore del codice rosso sono stati introdotti nel nostro ordinamento 4 nuovi reati: diffusione di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso della vittima (cd revenge porn); deformazione dell’aspetto della persona; l’induzione al matrimonio; la violazione dei provvedimenti di allontanamento; A circa tre anni dall’entrata in vigore del Codice Rosso, la riforma Cartabia ha apportato dei correttivi alla legge per agevolarne una più efficace applicazione ; il legislatore, consapevole che il contrasto alla violenza domestica non si realizza solo con le norme penali, ma attraverso il raccordo tra i vari settori del diritto interessati: civile, penale e minorile, ha dettato criteri specifici per la tutela delle vittime creando una sorta di “ corsia preferenziale”per tali giudizi, che dovranno avere una trattazione più rapida e con peculiari modalità procedurali. Le novità di maggiore rilievo introdotte dalla riforma Cartabia in materia, sono date dall’ascolto del minore e dal ruolo maggiormente dinamico del giudice civile: è stato imposto l’obbligo dell’ascolto del minore coinvolto da parte del giudice e la possibilità, per lo stesso, di richiedere autonomamente istruttorie d’ufficio, coinvolgendo anche direttamente le forze dell’ordine. La violenza può quindi essere accertata non solo dal giudice penale, ma anche da quello civile che, abilitato ad ottenere strumenti ulteriori di indagine, è nella situazione di poter rispondere meglio al quesito che spesso si pone sulle modalità di affidamento dei figli minori. Tratteggiamo, di seguito, le caratteristiche salienti dei reati che, quotidianamente, in Tribunale vediamo commessi nel contesto familiare, ferma restando la possibilità che gli stessi siano integrati anche in situazioni differenti; occorre precisare che tale mappatura non è da considerarsi esaustiva poiché i delitti commessi in famiglia possono essere di svariate tipologie e non sono raggruppati in un’unica sezione del codice penale Maltrattamenti in famiglia art 572 c. p I maltrattamenti in famiglia è una tra le fattispecie penali più rilevanti tra i delitti contro l’assistenza familiare; il reato consiste nel tenere condotte quali: minacce, lesioni, atti di disprezzo ed umiliazione nei confronti della vittima; si tratta di un reato che tutela il legame giuridico intercorrente tra persone della stessa famiglia o che hanno un vincolo ad esso assimilabile. Un tempo si consideravano persone di famiglia solo il coniuge, i consanguinei, gli affini; oggi tale concetto è stato esteso al convivente more uxorio, a chiunque sia legato da un rapporto di parentela con il maltrattante, ai domestici conviventi e, anche in ipotesi di cessazione della convivenza, poiché i doveri di rispetto reciproco, di assistenza e solidarietà che nascono dal rapporto di coniugio, nonché i vincoli nascenti dalla filiazione, continuano a permanere indipendentemente dalla coabitazione. I maltrattamenti costituiscono un reato abituale, ciò significa che i fatti acquisiscono rilevanza penale se reiterati nel tempo; la Cassazione ha precisato, tuttavia, che gli atti oggetto del reato di maltrattamenti, non necessariamente devono essere realizzati in un tempo prolungato, essendo sufficiente la loro ripetizione anche in ambiti temporali circoscritti; ovviamente due soli episodi non sarebbero considerati sufficienti per integrare il reato poiché, in tal caso, non sussisterebbe la caratteristica dell’abitualità che la norma richiede. Il reato di cui all’art 572 si configura anche nell’ipotesi di vessazioni psicologiche che, laddove avvenissero in presenza di minori, darebbero luogo ad una circostanza aggravante punita con una pena più severa. Lesioni personali gravi art 582 e 583 c. p - il reato si configura laddove un familiare dovesse cagionare ad un altro una malattia del corpo o della mente la cui prognosi medica supera i 20 giorni Lesioni personali art 582 c. p - punisce la condotta di chi cagiona una malattia del corpo o della mente con prognosi inferiore a 20 giorni. Violenza privata art.610 c. p : è una fattispecie che abbraccia una moltitudine di condotte, in quanto punisce fino a 4 anni “ chiunque con violenza o minaccia costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa” Violazione degli obblighi di assistenza familiare: art 570 c. p: la norma sanziona la condotta di colui il quale faccia mancare, cioè ometta di apprestare, i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore o inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge non legalmente separato per sua colpa. La nozione penalistica di mezzi di sussistenza non si identifica con il concetto civilistico di alimenti atteso che, seppure entrambi postulano lo stato di bisogno, gli alimenti devono essere determinati in proporzione al bisogno di chi li domanda e alle condizioni economiche di chi deve somministrarli, tenendo conto delle necessità di vita in relazione alla posizione sociale dell’alimentando. Detti mezzi non sono riconducibili neanche al concetto di “mantenimento” che viene in rilievo nei procedimenti giudiziali di separazione personale e divorzio, in quanto esso non presuppone lo stato di bisogno dell’avente diritto. I mezzi di sussistenza rilevanti ai fini dell’incriminazione si identificano in tutti i bisogni fondamentali della vita quotidiana quali: il vitto, l’alloggio, i canoni per le varie forniture di luce, acqua, gas e riscaldamento, i medicinali, le spese per l’istruzione dei figli e il vestiario. Il concetto di mezzi di sussistenza ha dunque un ambito più circoscritto di quello di mantenimento e di alimenti poiché si riferisce solo a ciò che è necessario per assicurare una vita dignitosa, secondo parametri di carattere universale. In caso di mancato versamento dell’assegno di mantenimento nei confronti dei figli minori, si versa per definizione nella situazione indicata dal legislatore sulla base del presupposto che il minore non è un soggetto capace di produrre reddito autonomo. La ratio dell’incriminazione di cui al secondo comma dell’art.570 n.2 è quella di sanzionare la condotta di inosservanza agli obblighi di assistenza che si traduce nella deprivazione dei bisogni familiari della vita quotidiana. Violenza sessuale art 609 bis e 609 ter: si tratta dell’ipotesi base ed aggravata di violenza sessuale contro la quale la persona offesa può sporgere querela irrevocabile fino ad un anno dopo l’aver subito il fatto criminoso; (legge Codice Rosso) Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti art.612 ter c. p: la norma punisce chi, dopo aver realizzato o sottratto il materiale sessualmente esplicito, lo diffonde senza il consenso della persona ritratta. Atti persecutori art 612 c. p: il cd “stalking” è punito con pena detentiva fino a sei anni e sei mesi e si configura quando le minacce/molestie sono reiterate ed ingenerano nella persona offesa un grave stato di ansia o di paura e un fondato timore per l’incolumità tale da costringerla a cambiare le proprie abitudini di vita. Se gli atti persecutori fossero realizzati dal coniuge, benché legalmente separato, la giurisprudenza si esprimerebbe sulla configurazione del più grave reato di maltrattamenti in famiglia; il coniuge, infatti, nel nostro ordinamento, rimane un familiare qualificato anche in pendenza di scioglimento del matrimonio, a prescindere dalla cessazione della convivenza già avvenuta. In tal senso si è espressa anche la Corte di Cassazione (sez .6 °sent. 30.09.2022 n. 45400) precisando che la separazione non elide lo status acquisito con il matrimonio; essa dispensa dagli obblighi di convivenza e fedeltà, lasciando integri quelli di reciproco rispetto, assistenza morale e materiale, collaborazione che discendono dall’art.143, comma 2°cod.civ. L’interpretazione costante della Cassazione secondo cui le condotte violente fisiche e/o psicologiche che si consumano in fase di separazione fra coniugi vadano qualificate ai sensi dell’art.572 c p è ulteriormente rafforzata quando vi siano anche figli poiché, in situazioni di pregressa violenza domestica, sono proprio i figli a costituire per l’agente l’occasione o lo strumento per proseguire i maltrattamenti ai danni della persona offesa. L’accertamento dei presupposti dei reati in questione è devoluta ai giudici di merito e può non essere agevole soprattutto quando le violenze sono iniziate all’interno delle mura domestiche e sono proseguite proprio a causa della scelta della persona offesa di chiudere la relazione violenta.
Show More

Consulenze legali e diritto di famiglia

Diritto penale familiare

Lo staff dello studio legale dell'avvocato Lucia Lista si occupa di tutela legale della famiglia in situazioni delittuose o in reati contro di essa. I membri dello staff hanno maturato nel corso degli anni una vasta esperienza nel campo del diritto penale familiare.

Presso lo studio potrete avvalervi di consulenze legali specializzate, necessarie e diversificate in base alla situazione specifica.

Mediazione familiare

Il nostro principale obiettivo è quello di mettere a disposizione uno studio legale che sappia risolvere tutte le problematiche dei clienti con massima professionalità e riservatezza. In tale ottica abbiamo deciso anche di attivare l'opportunità di lavorare attraverso il servizio di mediazione familiare: grazie al mediatore familiare le controversie all'interno di nuclei familiari o affettivi vengono affrontati e risolti tutelando le parti, specialmente i minori.

Affidamento minori

Lo studio legale affiancherà i clienti nel delicato percorso che porta all'affidamento di figli minori presso i congiunti. 

Grazie al percorso di mediatore famigliare con le parti genitoriali, l'avvocato Lucia Lista riesce a intraprendere un lavoro parentale condiviso che riesca a collocare al centro il benessere e la tutela del minore, laddove siano carenti le parti genitoriali. 

Contatta lo studio legale e richiedi un appuntamento

Per una consulenza o assistenza legale in abito civile o penale, per separazione o divorzio o per cause di affidamento minori o mediazione familiare, chiama ora.
CHIAMA LO STUDIO RECAPITO CELLULARE
Share by: