Le continue dispute tra i coniugi oltre a sfociare nel contenzioso civile, possono integrare gli
estremi di diversi reati dando vita a due processi distinti: civile e penale che, pur incentrandosi sulla
violazione delle regole che governano la famiglia e la persona, seguono percorsi paralleli e possono
avere esiti diversi.
I reati commessi contro la famiglia sono, da sempre, oggetto di grande attenzione da parte del
legislatore, a testimonianza della frequenza con la quale gli stessi si verificano nella realtà
quotidiana; nel periodo dell’emergenza sanitaria, la convivenza “forzata” che ha costretto numerose
famiglie a vivere sotto lo stesso tetto, ha fatto registrare un’impennata di denunce per possibili reati
riconducibili sotto la fattispecie dei maltrattamenti in famiglia.
I reati contro la famiglia non sono contenuti in unico gruppo normativo, in quanto il nostro codice
penale opera una distinzione degli stessi a seconda del bene giuridico leso e la parte speciale del
diritto penale prevede apposite distinzioni in ordine ai reati contro la persona, contro la libertà
morale, contro la vita e l’incolumità individuale ecc.
Nel 2019 è stata introdotta la legge n. 69, nota come “Codice Rosso” essa contiene delle modifiche
di natura penale alla gestione di casi di violenza domestica e di genere ed è appunto finalizzata ad
aiutare e rafforzare la tutela di chi subisce maltrattamenti, lesioni, violenze all’interno della
famiglia. Il “codice Rosso” deve il suo nome proprio alla misura che prevede l’introduzione di un
iter più veloce per le denunce e le indagini riguardanti casi di violenza contro le donne o minori,
come avviene nei pronto soccorso per i pazienti che necessitano di un intervento immediato.
Una delle più importanti disposizioni della norma prevede l’accelerazione del provvedimento
penale per alcuni reati tra i quali: i maltrattamenti in famiglia, la violenza sessuale, lo stalking.
L’ efficientamento processuale che si prefigge di attuare la legge, è finalizzato all’adozione
tempestiva dei provvedimenti di tutela delle vittime, in modo da prevenire il degenerare di
situazioni di denuncia in casi drammatici.
Dal punto di vista delle sanzioni, il codice rosso inasprisce le pene già previste e, soprattutto,
allunga l’orizzonte temporale, entro il quale la persona offesa può sporgere denuncia-querela :da sei
a 12 mesi per i reati di violenza sessuale, riconoscendo il diritto della vittima di elaborare il trauma
in un tempo più consono.
Con l’entrata in vigore del codice rosso sono stati introdotti nel nostro ordinamento 4 nuovi reati:
- diffusione di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso della vittima (cd revenge porn);
- deformazione dell’aspetto della persona;
- l’induzione al matrimonio;
- la violazione dei provvedimenti di allontanamento;
A circa tre anni dall’entrata in vigore del Codice Rosso, la riforma Cartabia ha apportato dei
correttivi alla legge per agevolarne una più efficace applicazione ; il legislatore, consapevole che il
contrasto alla violenza domestica non si realizza solo con le norme penali, ma attraverso il raccordo
tra i vari settori del diritto interessati: civile, penale e minorile, ha dettato criteri specifici per la
tutela delle vittime creando una sorta di “ corsia preferenziale”per tali giudizi, che dovranno avere
una trattazione più rapida e con peculiari modalità procedurali.
Le novità di maggiore rilievo introdotte dalla riforma Cartabia in materia, sono date dall’ascolto del
minore e dal ruolo maggiormente dinamico del giudice civile: è stato imposto l’obbligo dell’ascolto
del minore coinvolto da parte del giudice e la possibilità, per lo stesso, di richiedere
autonomamente istruttorie d’ufficio, coinvolgendo anche direttamente le forze dell’ordine.
La violenza può quindi essere accertata non solo dal giudice penale, ma anche da quello civile che,
abilitato ad ottenere strumenti ulteriori di indagine, è nella situazione di poter rispondere meglio al
quesito che spesso si pone sulle modalità di affidamento dei figli minori.
Tratteggiamo, di seguito, le caratteristiche salienti dei reati che, quotidianamente, in Tribunale
vediamo commessi nel contesto familiare, ferma restando la possibilità che gli stessi siano integrati
anche in situazioni differenti; occorre precisare che tale mappatura non è da considerarsi esaustiva
poiché i delitti commessi in famiglia possono essere di svariate tipologie e non sono raggruppati in
un’unica sezione del codice penale
Maltrattamenti in famiglia art 572 c. p
I maltrattamenti in famiglia è una tra le fattispecie penali più rilevanti tra i delitti contro l’assistenza
familiare; il reato consiste nel tenere condotte quali: minacce, lesioni, atti di disprezzo ed
umiliazione nei confronti della vittima; si tratta di un reato che tutela il legame giuridico
intercorrente tra persone della stessa famiglia o che hanno un vincolo ad esso assimilabile. Un
tempo si consideravano persone di famiglia solo il coniuge, i consanguinei, gli affini; oggi tale
concetto è stato esteso al convivente more uxorio, a chiunque sia legato da un rapporto di parentela
con il maltrattante, ai domestici conviventi e, anche in ipotesi di cessazione della convivenza,
poiché i doveri di rispetto reciproco, di assistenza e solidarietà che nascono dal rapporto di
coniugio, nonché i vincoli nascenti dalla filiazione, continuano a permanere indipendentemente
dalla coabitazione.
I maltrattamenti costituiscono un reato abituale, ciò significa che i fatti acquisiscono rilevanza
penale se reiterati nel tempo; la Cassazione ha precisato, tuttavia, che gli atti oggetto del reato di
maltrattamenti, non necessariamente devono essere realizzati in un tempo prolungato, essendo
sufficiente la loro ripetizione anche in ambiti temporali circoscritti; ovviamente due soli episodi
non sarebbero considerati sufficienti per integrare il reato poiché, in tal caso, non sussisterebbe la
caratteristica dell’abitualità che la norma richiede.
Il reato di cui all’art 572 si configura anche nell’ipotesi di vessazioni psicologiche che, laddove
avvenissero in presenza di minori, darebbero luogo ad una circostanza aggravante punita con una
pena più severa.
Lesioni personali gravi art 582 e 583 c. p - il reato si configura laddove un familiare dovesse
cagionare ad un altro una malattia del corpo o della mente la cui prognosi medica supera i 20 giorni
Lesioni personali art 582 c. p - punisce la condotta di chi cagiona una malattia del corpo o della
mente con prognosi inferiore a 20 giorni.
Violenza privata art.610 c. p : è una fattispecie che abbraccia una moltitudine di condotte, in
quanto punisce fino a 4 anni “ chiunque con violenza o minaccia costringe altri a fare, tollerare od
omettere qualche cosa”
Violazione degli obblighi di assistenza familiare: art 570 c. p: la norma sanziona la condotta di
colui il quale faccia mancare, cioè ometta di apprestare, i mezzi di sussistenza ai discendenti di età
minore o inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge non legalmente separato per sua colpa.
La nozione penalistica di mezzi di sussistenza non si identifica con il concetto civilistico di alimenti
atteso che, seppure entrambi postulano lo stato di bisogno, gli alimenti devono essere determinati in
proporzione al bisogno di chi li domanda e alle condizioni economiche di chi deve somministrarli,
tenendo conto delle necessità di vita in relazione alla posizione sociale dell’alimentando.
Detti mezzi non sono riconducibili neanche al concetto di “mantenimento” che viene in rilievo nei
procedimenti giudiziali di separazione personale e divorzio, in quanto esso non presuppone lo stato
di bisogno dell’avente diritto.
I mezzi di sussistenza rilevanti ai fini dell’incriminazione si identificano in tutti i bisogni
fondamentali della vita quotidiana quali: il vitto, l’alloggio, i canoni per le varie forniture di luce,
acqua, gas e riscaldamento, i medicinali, le spese per l’istruzione dei figli e il vestiario.
Il concetto di mezzi di sussistenza ha dunque un ambito più circoscritto di quello di mantenimento e
di alimenti poiché si riferisce solo a ciò che è necessario per assicurare una vita dignitosa, secondo
parametri di carattere universale.
In caso di mancato versamento dell’assegno di mantenimento nei confronti dei figli minori, si versa
per definizione nella situazione indicata dal legislatore sulla base del presupposto che il minore non
è un soggetto capace di produrre reddito autonomo.
La ratio dell’incriminazione di cui al secondo comma dell’art.570 n.2 è quella di sanzionare la
condotta di inosservanza agli obblighi di assistenza che si traduce nella deprivazione dei bisogni
familiari della vita quotidiana.
Violenza sessuale art 609 bis e 609 ter: si tratta dell’ipotesi base ed aggravata di violenza sessuale
contro la quale la persona offesa può sporgere querela irrevocabile fino ad un anno dopo l’aver
subito il fatto criminoso; (legge Codice Rosso)
Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti art.612 ter c. p: la norma punisce
chi, dopo aver realizzato o sottratto il materiale sessualmente esplicito, lo diffonde senza il consenso
della persona ritratta.
Atti persecutori art 612 c. p: il cd “stalking” è punito con pena detentiva fino a sei anni e sei mesi
e si configura quando le minacce/molestie sono reiterate ed ingenerano nella persona offesa un
grave stato di ansia o di paura e un fondato timore per l’incolumità tale da costringerla a cambiare le
proprie abitudini di vita.
Se gli atti persecutori fossero realizzati dal coniuge, benché legalmente separato, la giurisprudenza
si esprimerebbe sulla configurazione del più grave reato di maltrattamenti in famiglia; il coniuge,
infatti, nel nostro ordinamento, rimane un familiare qualificato anche in pendenza di scioglimento
del matrimonio, a prescindere dalla cessazione della convivenza già avvenuta.
In tal senso si è espressa anche la Corte di Cassazione (sez .6 °sent. 30.09.2022 n. 45400)
precisando che la separazione non elide lo status acquisito con il matrimonio; essa dispensa dagli
obblighi di convivenza e fedeltà, lasciando integri quelli di reciproco rispetto, assistenza morale e
materiale, collaborazione che discendono dall’art.143, comma 2°cod.civ.
L’interpretazione costante della Cassazione secondo cui le condotte violente fisiche e/o
psicologiche che si consumano in fase di separazione fra coniugi vadano qualificate ai sensi
dell’art.572 c p è ulteriormente rafforzata quando vi siano anche figli poiché, in situazioni di
pregressa violenza domestica, sono proprio i figli a costituire per l’agente l’occasione o lo
strumento per proseguire i maltrattamenti ai danni della persona offesa.
L’accertamento dei presupposti dei reati in questione è devoluta ai giudici di merito e può non
essere agevole soprattutto quando le violenze sono iniziate all’interno delle mura domestiche e
sono proseguite proprio a causa della scelta della persona offesa di chiudere la relazione violenta.